Santa Maria delle Grazie di Este - Parrocchia di San Marco Ev

aggiornato il 17/04/2024
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Santa Maria delle Grazie di Este

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Il Santuario di Santa Maria delle Grazie di Este


La storia

La grande cupola insieme al campanile della basilica di Santa Maria delle Grazie, danno  un senso di grande maestosità e svettano al di sopra della città di Este.
La chiesa attuale dalla spoglia facciata in laterizi, con stretto sagrato a ridosso della strada, risale al principio del sec. XVIII ma il sito racchiude in sé oltre 500 anni di storia e l’atmosfera che si coglie quando si entra  è quella intensa di un luogo molto amato  dove l’amore per la Madonna ha alimentato e sempre sostiene una  fede profonda. La grande icona bizantina del ’400, posta in alto al centro dell’ambulacro absidale, con il volto dolce e sereno di Maria e la sua mano che indica Gesù, cattura subito lo sguardo e accoglie la devozione dei fedeli.

L’inizio della storia di questo luogo lo si deve all’illuminata e generosa volontà testamentaria di Taddeo d’Este, capitano di ventura al servizio della Repubblica di Venezia, nato nel 1384, figlio di Azzo X, del ramo cadetto dei Marchesi d’Este.
Taddeo, la cui famiglia aveva molti possedimenti in zona d’Este, in particolare il grande palazzo con annessi rustici, magazzini, giardini e broli, poco all’interno delle mura in prossimità di porta San Martino, nel suo primo testamento stilato nel 1434, stabilì una rendita per la chiesa di San Francesco in Este, dove era sepolto il padre, e una grossa eredità per l’Ordine Domenicano affinché fosse costruito un convento con annessa una chiesa dedicata alla Santa Maria Vergine che, specificò nelle sue volontà, avrebbe dovuto ispirarsi a quella dell’abbazia  di Carceri, anch’essa voluta dai suoi avi. Il testamento fissò anche il luogo: subito fuori le mura sempre in prossimità di porta San Martino.

Questo testamento fu rivisto da Taddeo nel 1443, quando il figlio Bertoldo aveva 9 anni. Egli lasciò comunque invariata la volontà per la costruzione del convento e della chiesa.  
Taddeo morì, improvvisamente nel 1448, a Mozzanica (BG) e dopo i solenni funerali celebrati a Brescia, fu portato a Este e tumulato nella chiesa di San Francesco.  
La disposizione testamentaria di Taddeo forse non fu ben interpretata dal figlio Bertoldo che non iniziò le opere desiderate dal padre o, forse, non ne ebbe il tempo per portarle ad esecuzione perché, anch’egli capitano della Repubblica di Venezia, morì (1463) molto giovane a soli 29 anni, nell’isola di Eubea (Negroponte per i veneziani) dove era stato trasportato da Corinto, per essere curato dal grave colpo subito alla tempia a causa di un sasso lanciato dal nemico. Anche Bertoldo fu onorato con solenni funerali di stato e portato a Este dove venne inumato, sempre nella chiesa di San Francesco, a fianco dell’altare maggiore, vicino alla tomba del padre.

Morto Bertoldo, fu la Repubblica di Venezia a voler porre inizio alla volontà di Taddeo per la costruzione del convento e della chiesa. Dall’Ordine dei Domenicani venne la richiesta di potere eseguire le opere usufruendo degli spazi e delle strutture del palazzo dei Marchesi anziché all’esterno della città, dove il basso terreno era soggetto a frequenti inondazioni. Tale spostamento aveva anche motivazioni economiche perché avrebbe contribuito al  contenimento delle spese in quanto si modificava  e costruiva sull’esistente.
Per poter procedere fu però necessaria l’autorizzazione papale per derogare  dalle regole imposte da Bonifacio VIII nelle quali si stabiliva che i monasteri appartenenti ad un ordine mendicante non potevano stare dentro le mura. La concessione fu data da papa Paolo II con una bolla del 1468.
Superato lo scoglio iniziarono  i lavori, prima del convento e subito dopo della Chiesa che fu consacrata il 2 febbraio del 1479 dall’esule vescovo di Scutari, il domenicano Francesco Xanti. Nel contempo il luogo sacro ricevette il titolo di Santa Maria delle Grazie e per la prima volta venne posta sull’altare maggiore l’icona della Madonna Odighitria.
La chiesa (della quale esiste una descrizione dettagliata nella relazione fatta in occasione della visita pastorale del vescovo Pietro Barozzi nel 1489) per circa due secoli rimase invariata nelle strutture murarie, subendo all’interno numerose variazioni negli apparati e negli arredi sacri.
All’inizio del 1600 l’abside fu allargata e ampliata per dare una migliore posizione all’icona e nella navata (parete sud) furono aggiunte due cappelle laterali. Successivamente  un nuovo coro ligneo trovò sistemazione  nella rinnovata abside.
 
Nonostante i numerosi lavori di ampliamento, abbellimento e arredo, i Padri Domenicani durante il capitolo del 1716, decisero per la costruzione di una nuova chiesa che da subito fu pensata in posizione ortogonale rispetto a quella da sostituire.
Dopo l’approvazione del piano da parte dei superiori di Padova, il 5 agosto 1717 fu posta la prima pietra. La costruzione fu lenta e fatta a stralci: nelle pareti esterne è ancora visibile l’alternarsi dei materiali utilizzati in tempi diversi. In questa impresa furono impegnate quasi tutte le rendite del convento ed a queste, oltre alle  donazioni di privati e devoti, si aggiunsero gli aiuti dalla Magnifica Comunità di Este e del Monte di Pietà e quelli delle due più importanti confraternite attive in Santa Maria delle Grazie.
Il 6 febbraio 1729, dodici anni dopo l’inizio dei lavori, la nuova chiesa, pur incompleta nella parte che confinava con quella antica, venne benedetta e con una solenne processione furono trasportati l’icona e i Santissimo Sacramento.
I lavori continuarono, soprattutto all’interno, sempre a stralci e solo nel 1736 fu possibile iniziare la demolizione della chiesa preesistente che parzialmente poggiava sulle mura del convento. Durante l’abbattimento venne alla luce un lacerto di affresco rappresentante la Pietà. L’evento, considerato miracoloso, suscitò molta emozione tra i devoti e ciò consentì di far aumentare in modo cospicuo le elemosini e le donazioni che, insieme alla vendita di alcuni arredi del vecchio edificio sacro, consentirono l’avanzamento abbastanza sollecito dell’opera tanto che nel 1745 poteva dirsi compiuta, anche se ancora mancava qualche lavoro di rifinitura.

Nel 1769 la Repubblica di Venezia decise la soppressione di numerosi conventi del territorio considerandoli economicamente dispendiosi e poco obbedienti alle regole dettate dai vari ordini. In realtà con questa operazione cercava di ricavare fondi con la vendita dei beni immobili a privati, ad esclusione dei luoghi di culto.
Tale sorte capitò anche al convento dei Domenicani che nel settembre del  1770 dovettero lasciare il convento e la città di Este con grande dispiacere dei cittadini. La struttura passò nelle mani del medico veneziano Vincenzo Tressi il quale l’abbatté parzialmente per ricavarne abitazioni civili.
Ad appena un mese di distanza dalla partenza dei Padri, l’allora parroco di San Martino, don Antonio Rizzi, chiese alla repubblica di Venezia la custodia e l’uso della Chiesa di Santa Maria delle Grazie con l’intenzione di utilizzarla come chiesa parrocchiale in luogo di San Martino che ormai si presentava piccola e di poca praticità per il numero crescente di parrocchiani.
La proposta fu accolta e già a maggio del 1771 fu redatto il verbale di consegna del luogo di culto con annessa sacrestia, completo di un dettagliato inventario degli arredi sacri e delle opere d’arte prese in carico.  Il Vescovo di Padova ufficializzò lo spostamento della sede parrocchiale e nel 1776 Nicolò Antonio Giustiniani presidiò la solenne consacrazione di Santa Maria delle Grazie.

Nei decenni che seguirono molti furono i lavori di adattamento e arredo. Tra i più importanti è da ricordare la ricostruzione del campanile (1827-1832) e la costruzione della grande cupola finita nel 1889.
Nel 1924 papa Pio XI concesse alla chiesa il titolo di Basilica e l’anno successivo ci fu l’incoronazione solenne della Madonna.  Nello stesso periodo iniziarono i lavori per la costruzione dell’ambulacro.
Dopo la seconda guerra mondiale in assolvimento di un voto fatto dai cittadini di Este nel 1943 e ripetuto nel 1944, per scongiurare la rovina e distruzione della loro città, fu progettato e costruito il nuovo altare maggiore inaugurato nel 1950 dal Vescovo Girolamo Bortignon.  
Nel 1965 un grande e pericoloso incendio devastò la sacrestia distruggendo molte opere d’arte ma la chiesa fu preservata e i danni furono solamente quelli causati dal fumo.
Seguì la ricostruzione della sacrestia e delle altre opere parrocchiali. Nel periodo che va dal 1991 al 2006 è stato effettuato il restauro dell’interno della chiesa e, soprattutto, degli affreschi. E’ stata accuratamente restaurata anche la bellissima icona della Madonna.



L’icona miracolosa

Non ci sono informazioni certe e sicure sull’icona mariana che campeggia nell’abside della basilica delle Grazie. Poiché l’immagine sacra non viene nominata nel testamento del marchese Taddeo d’Este, è da ritenersi che l’arrivo della stessa abbia seguito una strada autonoma. Non è possibile nemmeno affermare con sicurezza in quale modo l’icona sia giunta sino a noi. Sappiamo che è un’icona bizantina portata da Costantinopoli e donata ai Domenicani.

La pittura dell’icona, nel mondo dell’arte sacra bizantina, non era solamente un esercizio dell’arte, ma rispondeva a precisi canoni che servivano all’artista come indicazioni per creare un’immagine della madre di Dio o dei santi che potessero ispirare il fedele che contemplava il dipinto ad avvicinare la propria anima a Dio ed essere guidato nella preghiera.
L’icona veniva dipinta in genere su una tavola di legno, spesso di tiglio, larice o abete. Sul lato interno della tavola veniva effettuato un solco detto scrigno, al cui interno si iniziava a tratteggiare il disegno.
All’interno di quest’opera, con l’immagine della Madonna delle Grazie che si distacca da queste indicazioni per la grandezza delle sue dimensioni e la maestosità della rappresentazione della Madre di Dio, un ruolo essenziale è dato dai colori, che fanno capo ad un ben precisa tradizione.
Il blu rappresenta infatti il colore della trascendenza, del mistero della vita divina. Il rosso è invece simbolo dell’umano, e del sangue versato dai martiri, mentre il verde indica la natura, la fertilità e l’abbondanza. La parte terrestre è designata dal marrone. Infine il bianco è il colore dell’armonia, della pace, la rappresentazione della luce divina.
Nell’immagine della nostra Madonna, che appartiene al genere dell’Odigitria, ossia di Colei che indica la strada, con lo sguardo rivolto verso i fedeli, ai quali indica il bambino Gesù che presenta e offre per noi un rotolo che contiene i testi sacri dei vangeli, si intuiscono poi le lettere dipinte, segno dell’ortodossia dell’immagine. Infatti, dopo l’eresia di Nestorio, il pittore sacro era solito dipingere accanto al volto del Cristo la dicitura “IC XC”, l’abbreviazione greca per Gesù Cristo, e accanto al volto della Vergine i caratteri “MP OY”, ossia Madre di Dio.
Nell’aureola che circonda il volto della Madonna, al tempo stesso austero e solenne, ma con una ricca e dolce grazia materna, sono riprodotti i simboli dei 4 Evangelisti. Un preziosismo artistico che indica la cura con cui l’ignoto autore sacro ha voluto dare lode ed offrire ai fedeli una possibilità di lode alla madre di Dio.


La Vergine attira lo sguardo fin dall’ingresso in basilica e sembra chiamare i suoi figli ergendosi sopra tutte le altre opere e indicando ai fedeli Colui che debbono seguire: il Figlio.
E’ possibile accedere all’ambulacro dove si venera la Vergine delle Grazie per accendere un lume e aprirsi alla preghiera. Per il pellegrino la sosta in questa Basilica non può mancare, per chiedere o rendere grazie alla Madonna che tanto concede ai fedeli che la supplicano. Da più di 500 anni è mèta per molti devoti per la richiesta di suppliche contro le calamità naturali e le malattie. Nei secoli molti hanno ringraziato con cuori d’argento “per grazia ricevuta” fino ad arrivare al dono delle corone e dei gioielli per arricchire l’immagine di Maria.


L’interno della basilica

L’interno è composto da un’unica monumentale navata a croce latina che risulta particolarmente armoniosa, nonostante i 65 metri di lunghezza.
Ai lati della navata si aprono 6 cappelle con ricchi altari. Altri due altari sono collocati alle due estremità del transetto e nel presbiterio spicca l’altar maggiore.
Dietro all’altare maggiore è installato l’imponente coro ligneo in noce massiccio dei primi decenni del 1700 in noce massiccio: ha gli scranni  con i braccioli decorati a figure fantastiche uno diverso dall’altro, mentre alla sommità innumerevoli statuine sempre in legno, che rappresentano, principalmente, santi e beati legati all’Ordine Domenicano.
Quando si torna nella navata e si fa scorrere lo sguardo verso l’alto si rimane colpiti dalla grandiosa e minuziosa opera pittorica presente in ogni parte del soffitto e delle pareti. Quasi tutti gli affreschi furono eseguiti da Giambattista Baldi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento trasformando le pareti bianche della Basilica in un intenso e continuo ricamo dove i colori pastello, bruno e oro si alternano in grande armonia senza interferire con le parti figurative.
Spicca al centro del soffitto della navata, l’affresco dell’Incoronazione di Maria. Maria al centro su un trono di nubi, sopra la sua testa Dio Padre e il Figlio reggono la corona, mentre lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, è al di sopra di tutti.


All’entrata, immediatamente si è attratti dall’abside centrale che accoglie l’icona bizantina che spicca al centro dell’ambulacro, sormontata dalla splendida conchiglia. Mentre si procede si intuisce la presenza dell’altissima e ampia cupola che con le grandi finestre illumina il centro del transetto.








Girando la vista verso l’uscita e guardando in alto, si nota la grande tela, opera di Nicola Grassi risalente alla metà circa del 1700, che rappresenta la consegna dell’icona ai Padri Domenicani.
Il contenuto del quadro, anche se non ha correlazioni storiche esatte, ben sintetizza la storia dell’inizio della chiesa.
Nel dipinto infatti sono presenti il doge di Venezia e i procuratori del Senato Veneto che gestirono, nei vari aspetti, la volontà di Taddeo d’Este in merito alla costruzione della chiesa e del convento annesso e i Padri Domenicani che ricevono dalle mani del doge la grande icona.




Cappella della Pietà.   
La cappella è così chiamata proprio per la presenza del frammento di affresco venuto alla luce nel 1736, alla ripresa dei lavori dell’attuale chiesa ma pertinente alla chiesa antica.
Il frammento è posto al centro dell’elegante altare in marmo verde ed è stato datato alla fine del Quattrocento.
Maria ha lo sguardo abbassato, rivolto a suo Figlio morto; ha una mano alzata, aperta, espressione del suo immenso dolore.




Per arrivarci



Le foto del Santuario











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Info:
Santuario Santa Maria delle Grazie
Indirizzo: Via Principe Umberto nr. 59  -  35042 Este  PD
tel. 04292151
mail:  info@santamariadellegrazie.it


Orario delle S. Messe

Invernale
Feriale 7.30-8.30-16.00-18.30
Prefestivo 16.00-18.30
Festivo 7.00-8.30-10.00-11.30-18.30

Estivo
Feriale 7.30-8.30-17.00-19.00
Prefestivo 17.00-19.00
Festivo 7.00-8.30-10.00-11.30-19.00


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Tel. canonica 049625146  
Cell. Parroco 3470409936
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